Nel 313 viene emanato l'editto di Milano dall'imperatore Costantino che sancisce la libertà di culto per i Cristiani, quindi aumentano i riti religiosi. Per i primi 4 secoli si creano diveri filoni liturgici locali, poi il papato rivendicherà la sua autorita. Nel 5 e 6 secolo si diffondono le forme devozionali di Roma, viene istituito un repertorio stabile (canti, preghiere, letture) per pernettere un controllo della gerarchia ecclesiastica. Viene istituito il Latino come lingua ufficiale come strumento di diffusione, a non adottarlo i luoghi con liturgia orientale.
Il Rito Greco-Bizantino che si sviluppa a Bisanzio, il rito Gallicano che si sviluppa nel regno Franco e il rito Mozarabico che si sviluppa nella penisola iberica
Rito romano antico, rito aquileiese, rito beneventano e rito ambrosiano
Nonostante fonti con notazioni tardive si possono notare il fatto che si procede per gradi congiunti, si ha poca estenzione delle note del brano e sono presenti melismi esuberanti quasi ad ogni sillaba. Grazie al fatto che i primi Papi erano di origine Greca o Siro-Bizantina, si hanno particolari influssi nelle melodie e nella liturgia che provengono dall'oriente
Era una scuola istituita da papa Sergio I di origini Orientali che era mirata alla diffusione dei canti del rito romano antico, infatti i più bravi cantori venivano inviati in tutta Europa per insegnare le melodie.
Dalle documentazioni basate sui codici liturgici più arcaici si evincono il culto di santi legati a Roma e l'introducione dei responsori della Settimana Santa
Del rito Aquileiese ci sono giunti solo documenti posteriori tra ci 12 brani polifonici a 2 voci da usare nelle festività solenni e 4 esempi di sacre rappresentazioni
Riceve influssi dalla Chiesa di Alessandria, dalla chiesa Africana e dal rito greco
Sono delle preghiere usate nel rito Aquileiese che invocano la Vergine come Madre di Dio e che deruvano dal rito greco
Riceve soprattutto influssi dal rito greco-bizantino
Del rito beneventano sono presenti solo 12 testi e melodie di epoca tardiva, ne si evince la caratteristica scrittura beneventana che i monaci benedettivi usavano nei trascritti. Essa è di difficile lettura e piuttosto decorativa, si diffonderà grazie ai monaci in tutto il meridione. Nel rito beneventano si sviluppa anche una notazione neumatica autonoma simile a quella tedesca detta "a cuneo". I canti sono simoli a quelli del rito ambrosiano: sono caratteristici la ripetizione di note e frasi musicali, vengono usati solo 2 modi, si adotta uno stile fiorito dei canti e spesso sono presenti catene di 3 o 4 note discendenti.